Mathew Hayman e la Roubaix 2016

10 Aprile 2016, Roubaix. Il velodromo di questa piccola cittadina del nord povero della Francia è gremito come ogni anno, nella classica che segna la fine della settimana santa ciclistica. La corsa di un giorno più strana dell’anno: un piattone di circa 257 Km che attraversa le campagne francesi su vecchie strade a prevalente utilizzo agricolo. Niente colli o muri, niente litorali, niente strade bianche. Eppure, il soprannome di “Inferno del Nord”, una corsa che già portare a termine è un successo per molti. Tutto dovuto al famigerato, spettacolare, pavé. Una corsa, infatti, caratterizzata per 53 Km da sezioni lastricate in pavé. Un incubo per le ruote, per le mani, per la schiena. Uno sforzo titanico per rilanciare l’andatura su un terreno così irregolare e accidentato. Il velodromo, come circuito finale dove giocarsi l’eventuale volata.

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Il famigerato pavé della Roubaix, ancor più complesso da affrontare con la pioggia

In quel 10 Aprile 2016, nel velodromo di Roubaix entra un gruppo di testa formato da: Tom Boonen, Ian Stannard, Sep Vanmarcke, Edwald Boasson-Hagen e Mathew Hayman. Un quintetto infarcito di favoriti e specialisti del settore: Stannard, Vanmarcke e Boasson-Hagen compongono la nobiltà poco vincente degli specialisti delle classiche: i primi due, passisti con poco spunto veloce, spesso piazzati nei grandi appuntamenti ma poco vincenti. Boasson-Hagen, talento brillante che vanta già una Gand-Wevelgem in carriera e unico che possa contendere uno sprint a Boonen sulla carta. Sua maestà Tornado Tom, già vincitore di 4 Roubaix e nettamente il più veloce ed esperto per lo sprint finale. Boonen che è alla penultima stagione nel ciclismo e ha il chiodo fisso di diventare il plurivincitore assoluto alla Roubaix. Gli basta regolare questo sprint, il suo pane quotidiano. Ah, e poi c’è Mathew Hayman, in fuga dal mattino, costretto già a inseguire in precedenza, quando aveva fatto fatica a tenere le ruote del gruppetto di testa, e neanche menzionato tra i corridori da tenere d’occhio per la giornata.

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Boonen, Hayman e Vanmarcke all’ingresso del velodromo

Hayman, che si è affacciato nel professionismo 16 anni prima e, a 37 anni, vanta un’onesta carriera in cui si è speso per i capitani più talentuosi per tutta la vita. Una vita da gregario, canterebbe Ligabue. Hayman sarebbe anche adatto alle classiche del Nord: fisico possente e resistente, da passista, e uno spunto veloce discreto, che nei primi anni di professionismo l’ha portato a provare a cimentarsi anche negli sprint. Tuttavia, un motore più adatto alle lunghe tirate in pianura, per velocisti più esplosivi o per proteggere capitani più dotati, che l’ha portato di rado a correre, e provare a vincere, per sé. Un lavoro per cui è sempre stato apprezzatissimo, come nelle parole del suo capitano in Orica-Grennedge, Simon Gerrans: “Mathew Hayman è un’anima così lunga che quando è in bicicletta sembra una montagna e alla sua ruota si sta talmente bene che quasi non serve pedalare”. Una carriera quindi al servizio di altri, con qualche piccola soddisfazione tolta qua e là: qualche vittoria nelle varie semiclassiche che costellano il calendario ciclistico europeo. L’ultima sempre in Francia, a Bourges, nel 2011.

Di quel gruppetto nel velodromo di Roubaix è in sostanza l’outsider che nessuno si aspetta. Per lui, che era al rientro da una frattura al braccio destro rimediata a inizio stagione, finire la gara sarebbe stato già una soddisfazione. Restare in gioco fino alle fasi finali un successo. Centrare la seconda top ten dopo l’ottavo posto del 2012 (colto dopo aver lavorato per il compagno Flecha, quarto al traguardo), il coronamento di una carriera. E’ così che funziona, per i gregari: anni a provare a godersi le vittorie dei capitani, e piccole soddisfazioni qua e là quando liberi di fare corsa propria. Nel 2016, l’occasione si presenta sotto forma di una fuga in cui la propria squadra, la Orica Scott, vuole piazzare un corridore. E peccato che in realtà in quella fuga ci fosse già il compagno Magnus Cort Nielsen, Mathew non se n’era mica accorto!

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Hayman nelle fasi centrali della corsa

All’avvicinarsi della linea di arrivo, tutto sembra apparecchiarsi per il trionfo sportivo di Boonen, già leggenda nell’Europa fiamminga e pronto a consacrarsi come il più grande di sempre a Roubaix. Boasson Hagen è leggermente staccato e si capisce che non ne ha. Stannard e Vanmarcke hanno provato ad andarsene da soli in precedenza, senza successo, e sono davvero troppo lenti allo sprint per costituire una minaccia per Tom. Ecco che allora Tornado Tom si posiziona alla ruota di Hayman, in seconda posizione. In teoria, e dall’alto della sua esperienza Tom lo sa, è la posizione migliore. Hayman infatti dispone di uno sprint discreto, ma non a livello di Boonen. Inoltre, è in fuga da ore e dev’essere esausto. Se non bastasse, Boonen l’ha visto far fatica nei chilometri precedenti, dove periodicamente si staccava per poi rientrare sui primi a grande fatica. Il piano è quindi semplice: Hayman lancerà la volata, stanco, e Boonen aspetterà gli ultimi metri, rimanendo in scia, per sorpassarlo in tromba. L’ha già fatto più volte, l’ha già fatto contro Cancellara in passato. Quando Hayman lancia uno sprint lungo, ai 250 metri, con Boonen incollato alla ruota posteriore, nessuno si immagina che il campionissimo fiammingo possa non farcela.

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Hayman che taglia il traguardo con una ruota di vantaggio su Boonen

E invece succede. Lo sprint è questione di attimi. Boonen che rimane un po’ chiuso da Vanmarcke e Stannard sulla destra e può provare il sorpasso solo negli ultimi 75m. Boonen che non sembra neanche così forte nel provarlo. Ma soprattutto, Hayman che gestisce lo sprint lungo con lucidità, con energie sconosciute e la perseveranza che solo chi ha passato una vita a fendere il vento per ore per favorire altri può conoscere. Hayman ha vinto la Parigi Roubaix. Da completo outsider, in fuga dai 185 Km dal traguardo. Dalla posizione peggiore, con il cannibale di queste corse accucciato dietro. Fa fatica a capire che cos’ha fatto, Mathew, che non è abituato a questi onori. Fa molta meno fatica ad abbracciare la vittoria di questo corridore poco celebrato il velodromo, unico lusso di una regione ad animo contadino che non poteva chiedere vincitore migliore per celebrare la Settimana Santa.

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